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martedì 2 ottobre 2012

L' uomo di fianco



Scruta l’orizzonte dal lato finestrino l’uomo di fianco. Non chiude gli occhi, avverte i colori della terra che sta lasciando. Chissà dove va l’uomo di fianco, attende l’arrivo di qualcosa, magari di una notizia, nuove direttive di lavoro, un figlio da riabbracciare che vive lontano. Le sue rughe mi fanno capire che può aver trascorso sessant'anni anni su questa terra, rughe scavate dalla fatica dei campi, da quel sole cocente forse, da quelle olive così preziose per le nostre famiglie di Sud.

 Nei suoi occhi fermi passano le immagini di una vita già vissuta, mescolate a quelle dei paesaggi aridi del Tavoliere, le sue radici, i suoi modi di fare.
Mangia in solitudine l’uomo di fianco, beve in solitudine l’uomo di fianco. Si rivolge verso il finestrino e mi dà le spalle, quasi come se volesse custodire il tramezzino col prosciutto che ha con sé. Non vuole che nessuno lo veda, un modo per estraniarsi, un modo che hanno sempre avuto i lavoratori silenziosi che mai gioiscono e soffrono pubblicamente.

E’ silenzioso l’uomo di fianco, ogni minimo movimento è dosato alla perfezione, non un rumore di più né uno di meno per non recare alcun disturbo. Le sue scarpe anni cinquanta con cuciture ai bordi conservano le suola di cuoio levigate dalle strade e dalle zolle che ha percorso in questi anni. Chissà quali! . . . sono affascinato, sento d’avere un senso di ammirazione inspiegabile verso quest’uomo così anonimo, così incredibilmente umano. Non noto manie da super eroe, infatti nei nostri tempi è più semplice avere un colloquio con Batman che con il suo maggiordomo. 

Il nero setoso dei suoi calzoni, di un "Dolce & Gabbana" sicuramente da stock dato il vecchio logo dell’azienda, non so perché mi porta a pensare che non sia stato lui a sceglierlo, magari la moglie che è tornata da quei mercati tipici pugliesi dove è facile imbattersi in marchi prestigiosi ma in modelli fuori produzione da secoli. Ma certamente non è il tipo che corre dietro la moda e di sicuro non è stata mai la sua preoccupazione. La sua vita sembra scorrere nell’essenziale, in quei piaceri fugaci provati dopo una giornata lavorativa stressante: le mani così callose ne sono la prova. Tra il nero delle scarpe e dei calzoni vengo attratto dal verde oliva scuro delle sue calze lanose o comunque sicuramente non di cotone, che riportano in me immaginari avvincenti  dei migranti del sud verso le Americhe, a caccia di un nuovo futuro, ammassati nelle stive e catalogati per ceti sociali. Il suo volto e le sue tipiche espressioni mi ricordano un Robert de Niro nelle classiche pose di quando di un discorso non ha capito nulla, oppure di quando resta pensoso ad osservare il suo vecchio album di famiglia.
Risalendo la sua figura, spicca l’azzurrino smunto di una polo dei suoi anni che ricopre esattamente la sua protuberanza panciuta, dove appoggia uno dei suoi polsi ai quali è legato uno di quei cronometri con cinturino a maglia larga che solitamente riceviamo per le nostre comunioni. Un tempo si usavano tanto quel tipo di regali, in acciaio ma meglio se in oro. Anch’io ne ho uno simile, ricordo che ero felicissimo quando lo ottenni: mi sentivo padrone del tempo, quasi come se potessi regolarlo e fermarlo a mio piacimento. Un orologio di quelli delle favole circondati da un’ intensa aura magica, tesori forgiati da streghe e demoni del passato e che solo quando sarei divenuto adulto, diceva mia zia, sarei stato degno di impugnarlo. In effetti anche eliminando tutte le maglie a disposizione, il polso era ancora troppo piccolo. Poi col tempo ti accorgi che con quel peso potresti aumentare il diametro dei tuoi bicipiti e dorsali, oppure potresti utilizzarlo come arma per sfondare il cranio di qualcuno in momenti di pericolo: i classici regali di quegli infiniti banchetti tipicamente meridionali insomma, dove qualcosa d’oro c’era sempre come collane e bracciali, oltre al cibo  sulle tavole ovviamente, capace di sfamare un continente. Anche l’uomo che ho di fianco ne ha uno esattamente simile ... eppure sono convinto che ha anche una collana uguale a quelle che io ho accantonato nella cassaforte di famiglia.
Ma con un po’ di attenzione, eccola spuntare, nascosta sul petto villoso la croce d’oro con catena, sigillo comune della nostra stirpe. Sicuramente un regalo di famiglia, con tutta probabilità di una nonna…così vuole la tradizione. 
L’ uomo di fianco non viaggiava con uno di quei bagagli come i nostri. Un semplice borsone nero di tela, di quelli probabilmente della palestra, nella quale con occhio attento sono riuscito a scorgere la presenza di sacchetti di plastica con altro cibo. Quello non manca mai nella perfetta valigia del meridionale, preparato sempre con cura dalla moglie o mamma che obbliga sempre a portarlo con sé, con la solita frase “Non si sà mai”. Temo però che non abbia una moglie o quanto meno forse non sarà vivente, poiché non sembra possedere la fede.
Man mano che risaliamo la costa adriatica, l’uomo resta sempre più affascinato da quei luoghi che sembra vedere per la prima volta. Il suo sguardo instancabile riporta in me immagini fanciullesche, dove la curiosità non riusciva a farmi distaccare mai dal finestrino. Appunto scrupolosamente ogni suo gesto come Poirot descriveva i sospetti di un omicidio: l’immobilismo di quell’ uomo con lo sfondo continuamente mutevole generato da un treno in corsa … affascinante! la nostra vita che fugge continuamente, avanza e non ce ne rendiamo conto. Fermarsi forse è la soluzione, almeno ogni tanto, cercare di riflettere su quel che ci sta passando dinnanzi,  apprezzarne ogni singolo instante.
Intanto le rotaie che costeggiano questo mare nei pressi di Ancona iniziano a virare verso l’entroterra padano: i luoghi ai quali son sempre stato abituato a vedere da bambino fuggono per mescolarsi  con i nuovi e sparire definitivamente nei pressi di Faenza.
Di colpo lo squillo d’un telefono: una voce con accento palesemente dell’est, forse di origine albanese risponde…è quella dell’uomo di fianco.

Il treno ancora sferraglia, passano veloci alberi, case, si costruiscono scenari che ho immaginato da Foggia e che sono diversi da quelli che ho davanti.
Sull' uomo di fianco, improvvisamente, non avevo capito nulla. 

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