Questa parte dell’anno è da sempre quella che più ci induce
alla riflessione, quella in cui ci si trova in una condizione obbligata di
transito, come quando si raggiunge la vetta di un monte e si è costretti ad
andare avanti, forse scendere, forse salire ancora.
Da quel punto così alto si
analizza la strada percorsa, da lì lo sguardo s’inabissa in due ventagli di
mare che dapprima potevano scorgersi da un solo lato.
Da lì il cielo si confonde con quello specchio d’acqua al
tramonto, i colori del passato e futuro si mescolano divenendo meno nitidi e
più uniformi … da lì ogni singolo dettaglio, esperienza, incontro, si fonde in
una sola sostanza composta da quel che si ha preso, perso, sostenuto, condotto,
sognato insieme ai compagni di viaggio.
Quella materia non si può toccare, la si può solo sentire.
Anche i pensieri s’amalgamano da quell’avamposto, in
lontananza si può solo immaginare ad esempio l’arrivo di nuove imbarcazioni,
l’intrecciarsi affannoso delle corde marinaresche, le trame delle vele sdrucite
dal percuotere incessante dei venti, l’andirivieni delle tonalità di voce dei
lupi di mare su quei battelli che frullano veloci insieme alle loro intenzioni.
Da quella punta così sporgente in un secondo momento inizia
l’introspezione più intima: quella dei giudizi severi, quei giudizi che nessuno
saprà mai, quelli che non lasciano spazio all’inganno di se stessi. Si tratta di quel
talvolta impercettibile modo di fare che adottiamo per difenderci. Per una
volta, in questa parte dell’anno, siamo spogliati da quei pezzi d’armatura che
abbiamo trovato lungo il cammino per ripararci dai nemici e dai momenti
pericolosi, da quei periodi di sfiducia e da quelli di disperazione.
I ricordi dunque riaffiorano dalle acque formando cerchi
concentrici. Essi vibrando a suon delle nostre emozioni più nascoste, dei sogni
più remoti e degli obiettivi mai raggiunti, si sollevano in aria rimbombando in
gole e valli del nostro essere. E mentre il ticchettio avanza verso quel punto
limite, quel portale immaginario convenzionale, noi ci preoccupiamo di riempire
di oggetti indispensabili il nostro zaino di quel che è stato l’anno ancora corrente.
Per credere. Ancora. Per amare. Ancora. Per sognare. Ancora.
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