Da come si evince, il titolo di questo ennesimo capitolo della
mia trattazione narrativa ha poco a che fare con la felicità e l’ironia che
spesso colora le mie parole.
E’ un racconto pesante, intriso di orrori e misfatti,
umiliazioni pubbliche e severe bastonate, torture ravvisabili in musei medioevali,
di cruenti boia e di falsi sorrisi, di trasformazioni di chi hai sempre
ritenuto un amico nel tuo perfetto aguzzino. No, i Goliardi non centrano questa
volta, non sono loro i carnefici.
Ho sempre pensato alla fine del mio percorso di studi come
un momento di gioia, di libertà infinita, di urlo, rutto e peto libero, ma
quando son giunto a Ferrara tutto questo si è dissolto nell’ acido della follia
più degenerante. Il momento della laurea qui si trasforma nel peggiore degli
incubi che la mente umana possa essere in grado di trasfigurare: in quel
momento ogni preghiera è vana . . . la definizione di pietà improvvisamente è spazzata via dal dizionario comune.


